Cosa accade in sede processuale quando una società che è parte in un giudizio viene cancellata dal registro delle imprese? E' la questione rimessa al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione nell'ambito del giudizio di legittimità che vedeva coinvolta, come controricorrente, una S.p.A., già cessionaria del credito dedotto in lite ed originariamente vantato da una società di persone (s.a.s.) cancellata dal registro delle imprese in pendenza di lite, la quale eccepiva che l'impugnazione non poteva essere validamente indirizzata alla società cedente, in quanto da considerarsi estinta sin dalla data di cancellazione dal registro delle imprese. La questione, pertanto, veniva rimessa all'esame delle Sezioni Unite con riferimento alla sorte dei rapporti processuali in cui è parte una società cancellata dal registro delle imprese.
A partire dalla riforma del diritto societario del 2003, la disciplina posta dall'art. 2495 c.c. riguardo alla cancellazione delle società di capitali stabilisce che quando la società è cancellata dal registro delle imprese e risulta estinta i creditori sociali possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, nonché nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da questi (azionando in quest'ultimo caso una pretesa risarcitoria).
In sostanza, estintasi la società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, si verifica un fenomeno successorio per cui i soci rispondono dei debiti pendenti, salvi i limiti di responsabilità propri del tipo di società cui appartenevano, e sono loro che divengono i nuovi legittimati passivi. La ratio della norma risiede nella necessità di tutelare i creditori sociali, anche in osservanza del diritto di difesa costituzionalmente previsto, per cui le loro pretese creditorie non si estinguono in concomitanza dell'estinzione della società debitrice.
Analogamente può dirsi per le società di persone, sebbene la disciplina sia dettata dall'art. 2312 c.c., quanto alle società in nome collettivo e dall'art. 2324 c.c., quanto alle società in accomandita semplice, per cui anche nei confronti di esse si verifica analogo fenomeno successorio quando la società viene dichiarata estinta in pendenza di giudizio. La differenza con le società di capitali è che l'iscrizione dell'atto di cancellazione delle società di persone nel registro delle imprese ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, per cui superabile con la prova del contrario che, in ogni caso, può essere data solo attraverso la dimostrazione che la società abbia continuato ad operare e dunque ad esistere anche dopo la cancellazione dal registro, per cui è passibile di cancellazione della pregressa cancellazione dal registro, ex art. 2191 c.c., e si considera come mai cessata. Pertanto, esclusa tale ipotesi, quando di effettiva estinzione si tratta, anche per le società di persone subentra il sostrato personale rappresentato dai soci, i quali divengono responsabili dei debiti sociali nei confronti dei creditori societari.
Dal punto di vista processuale, il fenomeno successorio si traduce nella necessità di riassumere il giudizio pendente nei confronti dei soci, avendo la società estinta perso la capacità di stare in giudizio, per cui si applica il combinato disposto degli artt. 110 e 299 ss. c.p.c., riguardo alle cause di interruzione e di successiva prosecuzione o riassunzione della causa.
La Corte si pronuncia anche sul caso in cui l'evento estintivo si ponga come problema nel passaggio al grado successivo di giudizio, nel caso in cui è mancata la dichiarazione dell'estinzione o quando essa è intervenuta in un momento in cui non era più possibile rilevarla nel processo o quando interviene dopo la sentenza e in pendenza del termine per l'impugnazione. I Giudici rilevano che l'esigenza di stabilità del processo che, eccezionalmente, ha consentito di ottenere una pronuncia nei confronti di un soggetto processuale non più esistente, la cui estinzione non è stata fatta rilevare in giudizio, deve considerarsi limitata al grado di giudizio in cui quell'evento è occorso, per cui nel successivo grado di giudizio l'impugnazione deve essere proposta solo contro i soggetti effettivamente legittimati, non potendosi proporre contro un soggetto che ha perso la capacità di stare in giudizio in conseguenza della sua intervenuta estinzione.
Pertanto, in conseguenza dell'excursus normativo, giurisprudenziale e dottrinario operato, la Cassazione ha espresso i seguenti principi di diritto: "Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto una attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato". Inoltre, “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta”.
Cass. SS. UU. n. 6070/2013
In sostanza, estintasi la società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, si verifica un fenomeno successorio per cui i soci rispondono dei debiti pendenti, salvi i limiti di responsabilità propri del tipo di società cui appartenevano, e sono loro che divengono i nuovi legittimati passivi. La ratio della norma risiede nella necessità di tutelare i creditori sociali, anche in osservanza del diritto di difesa costituzionalmente previsto, per cui le loro pretese creditorie non si estinguono in concomitanza dell'estinzione della società debitrice.
Analogamente può dirsi per le società di persone, sebbene la disciplina sia dettata dall'art. 2312 c.c., quanto alle società in nome collettivo e dall'art. 2324 c.c., quanto alle società in accomandita semplice, per cui anche nei confronti di esse si verifica analogo fenomeno successorio quando la società viene dichiarata estinta in pendenza di giudizio. La differenza con le società di capitali è che l'iscrizione dell'atto di cancellazione delle società di persone nel registro delle imprese ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, per cui superabile con la prova del contrario che, in ogni caso, può essere data solo attraverso la dimostrazione che la società abbia continuato ad operare e dunque ad esistere anche dopo la cancellazione dal registro, per cui è passibile di cancellazione della pregressa cancellazione dal registro, ex art. 2191 c.c., e si considera come mai cessata. Pertanto, esclusa tale ipotesi, quando di effettiva estinzione si tratta, anche per le società di persone subentra il sostrato personale rappresentato dai soci, i quali divengono responsabili dei debiti sociali nei confronti dei creditori societari.
Dal punto di vista processuale, il fenomeno successorio si traduce nella necessità di riassumere il giudizio pendente nei confronti dei soci, avendo la società estinta perso la capacità di stare in giudizio, per cui si applica il combinato disposto degli artt. 110 e 299 ss. c.p.c., riguardo alle cause di interruzione e di successiva prosecuzione o riassunzione della causa.
La Corte si pronuncia anche sul caso in cui l'evento estintivo si ponga come problema nel passaggio al grado successivo di giudizio, nel caso in cui è mancata la dichiarazione dell'estinzione o quando essa è intervenuta in un momento in cui non era più possibile rilevarla nel processo o quando interviene dopo la sentenza e in pendenza del termine per l'impugnazione. I Giudici rilevano che l'esigenza di stabilità del processo che, eccezionalmente, ha consentito di ottenere una pronuncia nei confronti di un soggetto processuale non più esistente, la cui estinzione non è stata fatta rilevare in giudizio, deve considerarsi limitata al grado di giudizio in cui quell'evento è occorso, per cui nel successivo grado di giudizio l'impugnazione deve essere proposta solo contro i soggetti effettivamente legittimati, non potendosi proporre contro un soggetto che ha perso la capacità di stare in giudizio in conseguenza della sua intervenuta estinzione.
Pertanto, in conseguenza dell'excursus normativo, giurisprudenziale e dottrinario operato, la Cassazione ha espresso i seguenti principi di diritto: "Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto una attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato". Inoltre, “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta”.
Cass. SS. UU. n. 6070/2013