mercoledì 29 giugno 2011

In tema di divisione, non è esperibile il ricorso straordinario per Cassazione contro l'ordinanza che fissa l'estrazione dei lotti

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 14331 del 28/06/11, ha statuito che, in tema di divisione, non è assoggettabile a ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., l'ordinanza che fissa l'udienza per l'estrazione a sorte dei lotti.
La Corte, infatti, ha precisato che tale ordinanza è un provvedimento istruttorio, di natura strumentale rispetto alla decisione della causa, per cui, come tutti i provvedimenti di tale specie, può essere liberamente revocato o modificato dal Giudice ed è inidoneo alla formazione del giudicato. Viceversa, i provvedimenti avverso ai quali è esperibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. sono quelli di carattere decisorio, ovvero incidenti su diritti ed idonei a formare il giudicato su questioni attinenti a situazioni soggettive di natura sostanziale.
Nella fattispecie, erano sorte contestazioni in ordine all'assegnazione dei lotti, indi il giudice di merito aveva dichiarato esecutivo il progetto di divisione ed aveva fissato con decreto l'udienza per l'estrazione a sorte dei lotti. Secondo parte ricorrente ex art. 111 Cost., la presenza di contestazioni al progetto divisionale non poteva consentire al giudice di dichiararlo esecutivo, presentandosi la necessità di istruire la causa che poi sarebbe dovuta essere decisa dal tribunale in composizione collegiale.
I giudici di legittimità hanno rilevato, tuttavia, che le contestazioni erano dirette solo all'assegnazione dei lotti ma non impedivano l'esecutività del progetto di divisione, poichè l'art. 789 c.p.c. dispone all'ultimo comma che "in ogni caso" il giudice dispone con ordinanza riguardo all'estrazione a sorte dei lotti e l'espressione significa che tale procedimento va rispettato sia se sorgano contestazioni (per cui la causa viene istruita e decisa con sentenza) sia che non vi siano (per cui il giudice dichiara esecutivo il progetto di divisione con ordinanza).
Ad ogni modo, conclude la Suprema Corte, il provvedimento di fissazione dell'udienza per l'estrazione a sorte dei lotti ha carattere strumentale rispetto alla decisione del giudice e non carattere decisorio, per cui non può essere impugnato con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.
Avv. Maria Talarico

venerdì 17 giugno 2011

Provvedimento di coercizione indiretta per il gestore telefonico che non attiva la linea.

Con sentenza n°1292 del 14/06/2011 il Tribunale di S.Angelo dei Lombardi ha accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c di una società contro un gestore telefonico, condannando quest'ultimo anche al pagamento di una "astreinte", ovvero di una somma conteggiata per ciascun giorno di ritardo nell'attivazione della linea telefonica.
Nella fattispecie, la società ricorrente aveva fatto richiesta di passaggio ad un gestore telefonico, tornando a quest'ultimo dopo un periodo in cui aveva usufruito di un altro gestore. Quest'ultimo aveva prontamente rilasciato i codici di migrazione per la riattivazione della linea, ma ciò nonostante, il gestore ricevente non aveva attivato la stessa nei tempi contrattualmente previsti, senza che vi fossero motivazioni plausibili per giustificare tale condotta, come poi è emerso dall'esame delle argomentazioni difensive nel corso del procedimento cautelare.
Il Tribunale ha accolto il ricorso d'urgenza della società, rilevando la sussistenza dei due requisiti necessari alla concessione di tale provvedimento, ovvero il fumus boni iuris (poichè la ricorrente ha dimostrato la sua qualifica imprenditoriale nonchè il fatturato prodotto, comprovando il danno patrimoniale causato dalla mancata attivazione della linea telefonica e della linea ADSL ed ha anche prodotto in giudizio i codici di migrazione rilasciatile dal precedente gestore telefonico) e il periculum in mora (poichè l'impossibilità di utilizzare la linea telefonica ha esposto la ricorrente a danni di natura patrimoniale connessi all'impossibilità o alla maggiore difficoltà di condurre la propria attività imprenditoriale, anche rinunciando a modalità di esercizio della stessa accessibili tramite internet).
Inoltre, la ricorrente ha chiesto l'applicazione di un provvedimento di coercizione indiretta ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. e il Giudice, avuto riguardo al fatto che la condanna accessoria costituisce un indubbio stimolo per la resistente a dare esecuzione al comando giurisdizionale, scongiurando il rischio di un successivo contenzioso, nonchè al fatto che l'ordine giurisdizionale di riattivazione della linea telefonica non è suscettibile di esecuzione forzata, non potendo prescindere dal comportamento attivo della resistente, ha disposto la condanna del gestore al pagamento di una somma pari a € 50,00 giornalieri, dalla data di notifica del provvedimento giudiziale, per ogni giorno di ritardo nell'attivazione della linea. Il Giudice ha quindi confermato nel merito il precedente decreto giudiziale che aveva ordinato la riattivazione della linea telefonica ed era rimasto lettera morta e ha condannato altresì il gestore telefonico al pagamento delle spese di lite.
Avv. Maria Talarico

mercoledì 8 giugno 2011

Le tabelle milanesi per il risarcimento del danno non patrimoniale devono essere applicate su tutto il territorio nazionale.

In data 7 giugno 2011, con sentenza n° 12408, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha statuito che le tabelle milanesi devono essere il parametro di riferimento su tutto il territorio nazionale per la liquidazione del danno non patrimoniale, per cui la quantificazione operata dal Tribunale di Milano coincide con il valore da ritenersi equo, ovvero quel valore in grado di assicurare uniformità di trattamento a tutti i cittadini ed a tutte le fattispecie, fatti salvi i casi in cui la fattispecie concreta presenti circostanze idonee a far diminuire o aumentare l'entità del risarcimento.
La Cassazione ha poi precisato che, pur risultando conforme agli artt. 1226 e 2056 primo comma c.c. la liquidazione del danno non patrimoniale in applicazione delle tabelle milanesi, non saranno ricorribili in Cassazione per violazione di legge le sentenze d'appello che abbiano liquidato il danno in base a tabelle diverse per cui sarebbe risultata una liquidazione maggiore in applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano.
Avv. Maria Talarico

lunedì 6 giugno 2011

E' condannato per lite temeraria chi si oppone ad un decreto ingiuntivo pur essendo già consapevole della manifesta infondatezza dell'opposizione.

Con sentenza resa il 3 giugno scorso, la Prima Sezione Civile del Tribunale di Varese ha condannato al risarcimento per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96, III comma c.p.c., l'opponente ad un decreto ingiuntivo, essendo risultato in sede istruttoria che l'attrice/opponente aveva intrapreso il giudizio di opposizione pur essendo consapevole della manifesta infondatezza dello stesso.
Nel merito, l'attrice aveva proposto opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto da un architetto per le sue prestazioni professionali, delle quali l'attrice risultava debitrice sulla scorta delle intercorse pattuizioni contrattuali. Costei, invece, negava di essere tenuta al pagamento. Appurato il diritto dell'architetto, ovvero la fonte negoziale della richiesta di pagamento, sulla base delle risultanze istruttorie, tra cui la prova per testi, il giudice ha evidenziato la mancanza di prova liberatoria da parte dell'attrice e ha respinto l'opposizione.
Conseguentemente, il tribunale ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, dichiarandolo esecutivo e ha disposto la condanna dell'opponente alle spese di lite, nonché la condanna, d'ufficio, ai sensi dell'art. 96, III comma c.p.c.
Infatti, il giudice ha statuito che, in base alle risultanze istruttorie, il fatto che l'opponente fosse pienamente consapevole dell'infondatezza della sua azione oppositiva, nonchè il fatto che la difesa dell'opponente abbia "inibito l’efficacia del decreto in itinere ex art. 648 c.p.c., abbia allungato i tempi di soddisfazione del credito (elemento che, come rilevato dalle SSUU 19499/2008, concorre a “rallentare l’economia nazionale”) ed abbia prodotto un contenzioso che ha aggravato il ruolo del magistrato" impone la necessità di sanzionare la condotta tendenzialmente maliziosa dell'attrice.
Da ultimo, si noti che il criterio equitativo qui utilizzato dal giudice nel determinare l'entità del risarcimento per lite temeraria si è riferito, oltre che al valore della controversia, al più recente orientamento di legittimità in tema di risarcimento per danno all'immagine secondo una logica non meramente compensativa del pregiudizio subito. In altre parole, ci si riferisce alle forme risarcitorie che vadano a colpire l'autore della condotta contra jus attraverso la retroversione degli utili conseguiti a cagione della ingiusta attivazione o resistenza nel processo e della sua durata.
Avv. Maria Talarico